Schegge di viaggio 5: Il limes

Ci sono luoghi nella vita in cui ci sembra di aver raggiunto un limite. Spesso è un pensiero, o una semplice sensazione che ci induce a pensare: "Ok, di qui non si va oltre. Non c'è niente oltre. Questo è il mio limes".


I romani (quelli antichi eh, non i nostri cari caotici contemporanei...) erano assillati dal senso del limite. Il limite era un argine invalicabile, un "ager sacrum" come già diceva Romolo (fratello di Remolo secondo la stravagante teoria del nostro caro ex premier), una linea talmente importante che solo i sacerdoti erano in grado di valicare.

Un fiume è un limite (e non a caso chi spezza l'andamento di un corso d'acqua costruendovi un ponte veniva chiamato Pontifex, pontefice), così come una catena montuosa, e soprattutto il mare, limite estremo.





Porre dei limiti da' un senso di sicurezza all'uomo sperduto nel dedalo di strade. Oltre un muro ci sarà pur ben altro, ma io non me ne curo! Hic sunt leones, dicevano i nostri avi puntando le dita sugli spazi incompleti delle prime carte geografice.


L'Europa è costellata di limiti: dalle colonne d'Ercole al Vallo d'Adriano, dal limes danubiano ai tanti muri moderni che hanno deturpato le nostre città, a Berlino come a Belfast.




Nel corso dei viaggi che ho avuto la fortuna (ventura?) di fare in questo vecchio, caro, litigioso continente, ho spesso subito il fascino del limite, ma nessun luogo è solo lonatanamente equiparabile a Fanad Head, estremo promontorio irlandese, rivolto verso l'oceano, l'America, il nulla.


Quelle sensazioni le registrai a caldo, in quello stesso giorno, all'ombra di una Guiness in un piccolo pub irlandese, ed ora le ho ritrovate, e voglio ricordare qui quel breve tratto di un lungo viaggio, magico come può esserlo solo l'Irlanda, terra di folletti e di fate.



FANAD HEAD: La macchina segue con qualche difficoltà le indicazioni della mappa, e quelle strisce gialle o verdi che sulla carta sembrano così facili, lineari, si rivelano essere poco più larghe dei percorsi pedonali sulle montagne alpine; il dado però è stato tratto da tempo, e nulla può impedirci di raggiungere un estremo lembo di terra ad ovest.
Sulla cartina geografica Fanad Head appare come uno dei numerosi promontori che caratterizzano le coste occidentali, una delle numerose sentinelle di roccia appostate verso l’infinito, a difesa di invisibili nemici provenienti dall’oceano, come in molti altri casi irlandesi, il percorso che conduce a questa meta non sembra troppo difficile.
La realtà però si dimostra ben diversa dalle lineari coordinate geografiche: la mulattiera che porta al faro è incredibilmente stretta, l’auto si muove a malapena tra sassi e terra umida, quasi come in una tappa di un rally dobbiamo evitare pericoli a destra e manca; eppure siamo seguiti anche qui, praticamente a Hell’s Ditch, da due campers italiani, imperterriti seguaci di percorsi alternativi, veri eredi di Marco Polo e Cristoforo Colombo su quattro ruote motrici.
Giungiamo a destinazione dopo qualche incertezza e molta cautela, a piedi ci incamminiamo verso l’ennesima scogliera mozzafiato: calpestiamo pietre scure ed erba umida di vento e di pioggia, scattando molte foto per eternare il trionfo automobilistico della Peugeot, e testimoniare il limes occidentale d’Europa, oltre cui lo sguardo si perde verso l’oceano, verso altre mete da raggiungere nella geografia della nostra mente.

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