Dalla Neotelevisione alla TV 2.0: l'impatto del web sulle serie TV

Secondo la felice classificazione di Umberto Eco, la TV degli anni '80 e '90 può essere definita Neotelevisione, in opposizione alla Paleotelevisione degli esordi.  L'esordio di una forma primordiale di interattività tra pubblico e programma, la "telefonata" in diretta, l'uso frequente del televoto (un meccanismo che riscuote ancora  un discreto successo, vedi Sky TG24..) per esprimere giudizi o pareri, il contatto diretto con gli utenti TV trasformano i vecchi, paludati programmi auto-referenziali in più o meno complessi dialoghi con il pubblico a casa.


 Se però gli  anni '80 vedonoda un lato l'esplosione della Neotelevisione (Portobello, Pronto Raffaella ecc...), dall'altro alcuni programmi ed i loro autori iniziano a prenderne le distanze, in modo ironico, per sottolineare l'eccessiva fiducia nei giudizi del pubblico, eretto improvvisamente a giudice unico della bontà di programmi per un puro fattore numerico (l'audience): esemplare è stata la parodia di Arbore e della banda di Indietro Tutta, con tanto di bravo presentatore ("lo spettacolo, lo fate voi...!) ed il giudizio del pubblico italiano del Nord e del Sud per ogni contesa...
Renzo Arbore metteva alla berlina lo strapotere dell'audience e la credibilità del messaggio televisivo (in un certo senso - ironicamente - opponendosi al McLuhan del "medium è il messaggio") che - in quanto tale - DEVE essere vero: la frase fatta "l'ha detto la TV" era Vangelo, e quindi anche il povero (immenso indimenticabile) Massimo Troisi si trovò costretto - in un celebre sketch - a cambiare identità e diventare Rossano Brazzi perché così era scritto nel copione e - si sa - la TV "non dice mai bugie" !



Quel momento di grande ironia segnò anche un passaggio epocale per la Neotelevisione: mettere in dubbio l'audience, fare satira su un tema così vivo (soprattutto per la neonata TV commerciale) era tabù, e quella rivoluzione autoironica non ebbe seguito...
Il contatto tra popolo televisivo e programmi TV si è fatto sempre più stretto, dagli anni '90 in poi, la fiducia nel potere dell'audience è ormai assoluta, tirannica, ed i numeri parlano da soli.

Ma oggi, nel 21° secolo, nel pieno di una seconda, grande rivoluzione, quella del Web, come sta cambiando la TV ed li suo rapporto con i "telespettatori"?
Il Web 2.0 - fatte le dovute proporzioni - sta subendo più o meno la stessa evoluzione che ha interessato la TV: l'interazione tra utenti e piattaforme, tra users e siti, il grande potere dei social media (Twitter in primis, il più dinamico, poi Facebook e gli altri..) stanno modificando l'informazione in corso d'opera; la molteplicità delle fonti informative indipendenti (dai live tweets on site, alle immagini caricate su youTube o You report, come si è ben visto in questi giorni, in occasione del terremoto in Emilia) sta influenzando addirittura il modo di fare giornalismo dei classici mezzi di informazione.

Non c'è più quotidiano o News Network che non abbia la sua linea diretta con il pubblico tramite twitter, e le edizioni on line dei giornali godono di maggiore visibilità delle loro copie cartacee. I rischi però esistono: la mancanza di filtri, il rischio delle hoaxes, le "bufale", la sovraesposizione, e quindi la mancanza di priorità ed affidabilità nel mare delle fonti..
Qui però il problema della coazione tra media ed user è molto grave, e questo povero post non ha sicuramente titolo per parlarne...

Quello che  mi interessa sottolineare è un altro aspetto, secondario se vogliamo, della cooperazione tra user /spettatore e programma TV: il caso dei Serial TV.
Molte tra le serie TV più amate hanno creato un vero e proprio "indotto" di fans, di spettatori fedeli, appassionati, che si impossessano dei programmi, o dei loro attori, ne parlano nel web, ne scrivono su fanzine on line, creando addirittura delle storie parallele, quasi degli spin off non ufficiali che milioni di altri fans nel mondo leggono avidamente. Questo è il mondo delle cosiddette Fanfics.


Tra le serie TV made in USA più amate qui posso citare Glee (la mia favorita, ma questo lo sapete già..), ma anche Pretty Little Liars, the Lying game, ecc... serie normalmente indirizzate ad un pubblico giovanile, i cosidetti Digital Native, più a loro agio col Web che con i libri (al massimo l'Ebook), appassionati ed attivi, che cercano il contatto costante con i loro beniamini, e che vogliono "intervenire"  nel plot, fiduciosi che gli autori siano a portata di mano, quasi dei fratelli più grandi, a cui poter rivolgere critiche spietate, sicuri che questi li ascolteranno.
Questi ragazzi - sebbene ammantati da questa strana innocenza  - possono essere delle vere armi atomiche nel mondo dei serial: hanno capito che la loro pressione può avere buon gioco sui destini dei una serie, e quando decidono di esaltare un protagonista, oppure una coppia, chiedendo più spazio per questa o quella "storyline"  nel programma (magari a scapito dei veri protagonisti, così come gli autori avevano pensato la storia), e spesso riescono nel loro intento.

Il web 2.0 si dimostra molto potente in questo caso: l'esempio di Glee è ormai storia in questo ambito. L'autore Ryan Murphy ha più volte dichiarato che la trasformazione di alcuni personaggi da etero a omosessuali è una risposta diretta alle richieste dei fans, che ormai avevano scelto quel destino per i 2 personaggi "regular", e che hanno fatto di tutto per "shippare" (brutto neologismo ital-americano dal verbo to ship, a sua volta dal termine relationship, relazione: si intende spingere, agire affinchè una relazione amorosa sia presa in considerazione dagli autori, poichè suggerita a gran voce da masse di fans..) una coppia gay, così che gli autori hanno dovuto seguire la massa!


E' comunque interessante sottolineare che questo meccanismo di consenso/dissenso dei fans non è assolutamente una novità dell'era 2.0, caso mai è una sua forma all'ennesima potenza, ma niente di nuovo sotto il sole.
I romanzi dell'epoca Vittoriana, come quelli di Dickens ad esempio, venivano pubblicati per lo più all'interno, o in allegato, ai quotidiani ed alla riviste dell'epoca: in Italia questo tipo di pubblicazione si chiamava "d'appendice" in  inglese Installment  novel (ovvero a puntate), e permetteva all'autore di verificare con il tempo l'efficacia della storia che stava scrivendo, e caso mai apporvi delle modifiche in  corso d'opera proprio grazie ai suggerimenti dei lettori!

Il meccanismo televisivo è chiaramente più complesso e veloce, ma in sostanza la storia si ripete: il web 2.0 - almeno a livello di entertainment - può veramente modificare la realtà, e se non proprio la realtà, almeno la fiction !

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