This machine kills fascists

Il 14 Luglio 1912 (quindi esattamente 100  anni fa', cifra tonda..) nasceva Woody Guthrie, un nome che sicuramente amolti lettori di questo misero sfogatoio on line dirà ben poco, magari qualcuno lo assocerà a Pete Seger, o a Bruce Springsteen, oppure alla Depressione degli anni '30, ed ai vagabondi, tutto qui.
Eppure Woodie Guthrie non è una figura marginale nella storia americana, ma in Europa, anche tra i più esagitati amanti  degli USA, il suo nome non suscita subito un pensiero, un'immagine definita, un richiamo culturale. Forse proprio  a causa della sua "eccentricità" nella cornice americana, quasi  un corpo estraneo nella tradizione moderna degli USA, poco tollerato persino oggi, anche se amatissimo dalla musica folk e dai grandi nomi della scena Rock.

Proprio oggi il sito della Repubblica on line ha pubblicato un ottimo ritratto di Woody Guthrie, a cui vi rimando per avere notizie più dettagliate sulla sua vita.
WG rappresenta una fase importante della mia vita, una bella fetta della mia gioventù musical-letteraria è legata (spesso indirettamente, inconsciamente direi) alla sua figura: paradossalmente ho conosciuto WG attraverso il figlio, Arlo Guthrie, cantautore che fece la sua apparizione a Woodstock nel 1969, e che dal papà ha ereditato quel taglio "folk rock" che mi ha plasmato musicalmente negli anni dell'adolescenza.
Devo in parte questa scoperta ad un LP, un  greatest hits di Arlo Guthrie che un mio cugino mi riportò in regalo dalle sue vacanze francesi (sic!), un album che si apriva con la lunghissima Alice's Restaurant, il cui refrain divenne subito una sfida per il chitarrista in erba che era  in me, e così dopo essermi innamorato di City of New Orleans e Comin' into Los Angeles (il pezzo di Woodstock) - sempre per caso - scoprii la sua versione di This Land is your land, un mitico pezzo del papà Woodie.

Da lì è partita la mia personale ricerca sulle orme del padre, e così ho scoperto la figura dell'Hobo, la grande depressione, e quindi - crescendo - ho iniziato a leggere i classici americano legati alla Grande depressione, in italiano ed in inglese (soprattutto all'università): Steinbeck, John Fante, Dos Passos.
Poi è venuto il tempo (ogni libro ha il suo tempo, la sua età) di Kerouac, e nei passaggi veloci in autostop di Sal, nelle lunghe giornate passate al volante tra New York e San Francisco,  mi è sembrato di rivedere Woody, mentre sale al volo sui vagoni dei treni, un novello Hobo, per cui l'importante è muoversi, non importa dove, visto che quel paese immenso, fatto di praterie, di periferie e grandi palazzi, di deserto e capanne che era (che è?) l'America resta pur sempre il suo paese.

Per questi motivi (ed altri ancora) sono felice di aver incontrato Woodie Guthrie lungo il mio cammino, un vecchio comunista patriottico, un ossimoro vivente nell'America della caccia alle streghe di Edgar J Hoover, un sognatore che - sbattuto in  manicomio - avrà il coraggio di dire: "credetemi, questo è il posto più libero d'America"

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