Lou in Berlin

E se n'è andato anche lui, pezzi della mia vita, la soundtrack di una memoria personale (o parte di una più grande, collettiva, come direbbe Jung) continuano a cadere come  in un macabro domino del tempo che passa.

Lou Reed non è stato solo Transformer, o i Velvet Underground, è anche  una pedina significativa del fascino che mi ha fatto amare Berlino, una Berlino post-psichedelica, in parte lugubre, pre-apocalittica, una città che conoscevo solo in bianco e nero, che si fece colore (forse, non ricordo bene) solo nel film Christane F. Una metropoli divisa in due che faceva un po' paura, con gli spazi vuoti, con la Bahnhof Zoo piena di punks e tossici, una città solo occidentale, inconcepibile senza il muro (il  muro in testa, come dirà Peter Schneider), eppure affascinante.

Berlino, anno del Signore 1976: David Bowie, Lou Reed, Iggy Pop, Brian Eno sono tutti lì, insieme.

E' la mia Berlino, quella che poi rivivrà nel bianco e nero di Wenders, e degli U2 con Achtung Baby, la città della rivoluzione e del futuro che inciampa nella storia, questa Berlino inizia lì.

E mai come oggi vorrei avere una macchina del tempo.


Commenti

Moky in AZ ha detto…
Che periodo di "perdite"! :(

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