Le memorie di un tamburino - Narni, Corsa all'Anello, A.D. 1985

Da un vecchio faldone impolverato, pieno zeppo di giornali, copioni, riccerche storiche  e riviste, tra tanti articoli abbozzati e pubblicati ed altri invece cestinati, riappare un vero reperto storico, almeno per noi della Corsa all'Anello: un mio scritto giovanile in cui cercavo di sintetizzare la prima esperienza da "tamburino" del corteo, redatto molto ambiziosamente quasi in  forma di diario delle ore, e che all'epoca ebbe un discreto successo, tanto da venire ancora ricordato - distanza di oltre 30 anni - dai vecchi musici della città.

Lo stile è quello che uno si aspetterebbe  dalla penna di un ventenne, molto "naif", a volte esagerato nelle iperboli, ed alcuni tratti della parola lo "datano" inesorabilmente: i riferimenti ai "quarantenni in calzamaglia" oggi, dall'alto della mia maturità,  non possono che farmi sorridere con tenerezza, di fronte al mini-me che mi sbircia dallo specchio dell'ottimismo degli anni '80.

Alcune scene e suggestioni, invece, non cambiano, così spero e credo che anche i giovani partecipanti alla nostra festa si ritroveranno, in parte, in quelle parole.



Per celebrare la 50ma edizione della nostra Corsa all'Anello, mi è sembrato giusto riproporlo oggi, qui, in forma elettronica, un po' per sottrarlo all'oblio della mente e della carta stampata, ed un po' per celebrare noi stessi, la nostra storia, e presentare ai giovani musici di oggi, ciò che anche noi fummo, prima di evolverci e straniarci, nel nostro medioevo personale.

Buona ri-lettura.

Aspettando il corteo

Ore 18: Piazza dei Priori è già pronta per  il consueto maquillage del sabato sera, noi tamburini e costumanti ci aggiriamo tra la folla di spettatori pronti dietro le  provvidenziali transenne, come tanti soldatini dietro le  barricate in  attesa del nemico.
Ammettiamolo: siamo tutti un po' civette in  queste ore del Sabato sera consacrato al grande corteo storico, tutti quelli che in qualche misura partecipano allo spettacolo hanno la consapevolezza di essere ad una sorta di "prima" teatrale, dove i primi attori giocano, per qualche minuto, a fare gli spettatori, consapevoli però che tra qualche ora saranno loro quelli sul palco, quelli da ammirare da lontano. 

Qualcuno già passeggia in calzamaglia, più per attirare l'attenzione di turisti e stranieri che per necessità, visto che c'è ancora tempo per la partenza; i soliti turisti scattano foto a questi strani personaggi in costume, che si muovono  in mezzo alla gente del 20° secolo con studiata tranquillità, in una dissonanza diacronica che sembra uscire da un quadro di Dalì.
Sembra che una scheggia di Medioevo sia stata catapultata nel futuro, così gentili Madonne e nobili Messeri con mantelli e stivali conversano amichevolmente con ragazze in  jeans e T-shirt.
C'è un certo gusto teatrale in questo nostro ostentare il medioevo a metà, girovagando in piazza, ma si sa: "tutto il mondo è un palcoscenico".

Ore 19.30: Tutti pronti per le fugaci cene prima di raggiungere le sedi dei terzieri; si passeggia con altri tamburini addentando pezzi di pizza o panini imbottiti dal sapore incerto, come se si facesse parte di un élite di privilegiati.  Non mancano mai gli apprezzamenti rivolti alle ragazze in costume, e gli sfottò tra contradaioli, tutto fa parte di un antico rituale di cui i musici si sentono, orgogliosamente, sacerdoti.

Gli animi non sono ancora esacerbati come al campo, la domenica, alla corsa: si gioca di più e si spera tutti di fare bella figura stasera, nel corteo, di fronte alla massa di persone che saranno in strada. Ci si fa strafottenti, promettendo tuoni e fulmini che usciranno dai tamburi, mentre il cielo si fa uno' grigio, ed allora si fanno gli scongiuri contro i fulmini, quelli veri, e la minaccia - solita- della pioggia.
Ormai però è tardi: l'adrenalina sale, si corre verso la sede del terziere e ci diamo appuntamento in piazza, al calar delle tenebre, come novelli toreri. 

Ore 20: In sede, ai gradini pubblici, c'è un caos da pre-diluvio: gente che corre e non sa dove andare, i soliti ragionieri quarantenni che si perdono le scarpe, o ne indosso di tre numeri più grandi ed ora pattinano come Snoopy sul ghiaccio...
Le ragazze si pettinano a vicenda sulla soglia della porta, mentre gli immancabili genitori fanno foto a raffica ai bimbi in costume per la prima volta, come se fossero al primo giorno di scuola, col grembiule nuovo. 
Noi - come sempre - sfoggiamo una calma apparente, quasi estranei a tutto il bailamme, ma sotto la cenere il fuoco cova potente, ed il nervosismo si sfoga sulle pelli dei tamburi inermi, una valvola di scarico che però non è molto apprezzata dagli altri costumanti.

I veterani del corteo fanno sfoggio di memorie elefantiache, memori dei cortei del tempo che fu ("duro? questo? Ma non sai cosa fu nel 1977! Eravamo stravolti...!") ed ai più queste parole potrebbero suonare vagamente masochiste, e scatenare domande tipo " Ma chi ve lo  fa fare???" eppure, malgrado il sudore e le vesciche ai piedi ed alle mani, è una fatica che aspettiamo 12 mesi l'anno, per poi parlarne per altri 12.

Ore 20.30 Ultime grida, primi segni di esaurimento nervoso. Non si trova nulla, scompare ogni piccolo oggetto, per poi riapparire - magicamente - 10 minuti prima del via. Si ripassano i tempi per l'ennesima volta, come se non li avessimo già digeriti da giorni, dopo mesi di prove, mentre i costumanti perdono l'ultima goccia di dignità aggirandosi in mutande e cappuccio medievale tra tavoli con stivali e spade.
La sartoria sembra la versione moderna della Zattera della Medusa, con strani personaggi che si affannano per salire a bordo di questo caos fatto di fili, abiti, scarpe, trucchi e scudi. Lo spirito della festa è fatto anche di queste cose...
Improvvisamente qualcuno inizia a chiamare dei nomi apparentemente a caso, spesso armato di un altoparlante per sovrastare proprio il rullio frenetico dei nostri tamburi, poi ci rendiamo conto che è la voce del responsabile del corteo che cerca di allinearci, un'impresa che ora sembra quasi disperata, finché la lunga fila dei costumanti  non si sistema lungo la via, dietro il portone ancora rigorosamente chiuso.

Ore 21: "Tutti pronti? - Aspetta tu, hai il mantello al contrario!" Le povere sarte ci inseguono lungo la strada con ago e filo - "Allora? Ci siamo tutti? Oh, gli altri sono già in piazza!" - "Eh, come sempre! arriviamo sempre tardi noi!"
Il capo corteo ci fa ampi gesti dal portone, come  un soldato che muove le bandierine sulla portaerei per farci atterrare in sicurezza.
E' ancora presto per suonare, ci affacciamo timidamente verso la piazza già piena ed abbiamo il solito tuffo al cuore, come la prima volta, come sempre.  La luce delle fiaccole manda raggi luminosi verso i palazzi del potere, che improvvisamente tremano di rosso, è come un segnale di Batman in salsa medievale.



"Tutti pronti?" - Sarà la sesta volta che lo chiedono, ma ora sembra la volta buona. Si tira un sospiro, si attende il colpo di bacchetta e via ! Siamo nel medioevo, ed andiamo incontro alla nostra notte illuminata da "millanta fochi".

Lungo la via guardiamo avanti, cercando di non sorridere troppo, e non guardare ai lati, dove sono assiepati amici e parenti, come se per stasera  il mondo esternano non esistesse, e tutto inizia.

Fabio Ronci (1985 ca.)


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