Angeli a Roma - un racconto breve
Il giorno sembrava non finire mai, E. si stava quasi accasciando sulle pagine fitte di cifre, ormai incomprensibili, quando finalmente la voce diminuì di intensità, e quindi di spessore, fino a cessare definitivamente, non prima però di aver proferito la tanto attesa formula magica: “..E per oggi è tutto..”.
Tutti si alzarono nell’aula, in una sorta di strano arrembaggio a quella nave ricolma di tesori che era la porta di uscita.
Schiudersi di fogli, rapido ticchettio di tacchi e scarpe lucide, vociferare indistinto e sospiri. E. sembrava ancora assopita, quasi stordita dall’eco persistente delle parole e dei numeri aleggianti nell’aria rarefatta dal fumo e dai logaritmi.
L’angelo si svegliò insieme a lei. Abbandonò per un momento la sfera metafisica in cui stava riflettendo e si avvicinò ai pensieri di E., non poté fare a meno di ascoltare il desiderio di un suo compagno di classe, così -arrossendo leggermente nella sua invisibilità spirituale - si ritrasse velocemente, cercando di influenzare positivamente i pensieri di E.
Lei camminava lungo i corridoi vocianti di ragazzi alle prese con formule e libri pesanti come il senso del peccato, sorrideva spesso ma raramente parlava con qualcuno.
L’angelo si sorprese a riflettere che tutta quella cordialità esteriore sembrava una di quelle strane facciate di cartone poste ad arte di fronte agli edifici in restauro del centro storico. “Szenerie”, la parola si manifestò improvvisamente sulle labbra di E. senza nemmeno sapere da dove stesse arrivando, da quale oscura sfera dell’encefalo.
L’angelo si ripromise di non indurre altre parole nella sua mente, almeno non inconsapevolmente; E. comunque si compiacque per quella metafora inattesa, soprattutto perché giungeva al termine di due ore di formule inaccessibili come la Qabbalah !
L’angelo intanto stava sorridendo, accanto al collega, lì vicino.
Il tramonto aveva appena iniziato il suo spettacolo serale, sull’alto dei sette colli, ed avendo stretto un patto con Giove Pluvio poté usufruire del cielo più sereno degli ultimi mesi, esercitando tutto il suo fascino nel blu cristallino di un pomeriggio invernale.
Le luci artificiali delle insegne dei negozi in spolvero pre natalizio, quasi impallidirono di fronte al maestoso fandango del sole capitolino, come piccoli comprimari intimiditi al ballo di corte, a cui sono state invitate tutte le prime stelle, così come le scíe degli aerei transoceanici di passaggio sopra la città eterna.
E. era stretta tra tante altre persone intirizzite e nervose all’interno del bus che stava percorrendo la strada verso la stazione, il suo sguardo incrociò quello di tanti altri esseri umani, ed allora si chiese cosa tutti stessero pensando, se fossero tristi o felici dietro quegli sguardi impermeabili.
A volte avrebbe desiderato poter leggere i pensieri di quella folla appesa in equilibrio sulle aste del bus in corsa verso un treno. L’angelo invece faticava a stare dietro a quella enorme massa di pensieri e voci che si accavallavano nel suo io metafisico.
Non potè fare a meno di gioire ed intristirsi all’unisono con le voci di dentro, in una non richiesta empatia con tutte quelle anime, dentro al mezzo pubblico.
Colori, parole e sensazioni diverse continuarono a contrastarsi nella sua natura semi-divina per altri 15 minuti.
L’angelo pensò per un solo istante - ma il pensiero lo spaventò - a quale fatica dovesse sopportare l’essere supremo gravato da un’onniscienza quotidiana.
E. si fece largo tra braccia, volti e mani indaffarate, mentre il rosso vespertino aveva ormai invaso la città, e stormi d’uccelli gracchianti, quasi impazziti dalla contemplazione di tale bellezza, volavano instancabilmente in cerchio attorno alla città, quasi ad augurare un’eccentrica buona notte al mondo, prima di andare a dormire tra le fronde dei radi alberi della stazione.
Un popolo nomade, fatto di valige e zainetti Invicta correva anch’esso quasi isterico verso i binari grigi della stazione, ansiosi tutti di tornare, di muoversi di nuovo verso le proprie fronde.
L’angelo ed E. invece se la presero comoda, c’era ancora tempo, si attardarono entrambi di fronte alla libreria, scorgendo libri e persone che leggevano; l’angelo accusò un lieve mal di testa a causa di quel chiasso silenzioso.
Poi E. incontrò F. ed insieme iniziarono a parlare della giornata trascorsa, ormai completamente avvolte dalla sera che stava soppiantando Vespero, parlavano d’amore e di paesi da visitare, prima o poi .
I due angeli a loro volta si scambiarono i pensieri della giornata, non senza qualche sorriso metafisico, mentre i rispettivi protetti si avviavano stancamente al treno.
Un altro giorno stava morendo insieme a quel tramonto da Cinecittà, fiero dello spettacolo appena offerto ai cittadini ed ai turisti giapponesi, sicuro di essersi guadagnato il suo pane quotidiano anche questa volta.
Sirio già si affacciava alla ribalta, presago di una splendida notte nella galassia centrale.
Qualcuno già dormiva nel treno, altri leggevano o discutevano animatamente di politica e di sport; le due amiche stavano parlando degli amici, e dell’amore come sempre...
Gli angeli quasi si accovacciarono sui rispettivi figliocci, sussurrando loro una musica ipnotica, inudibile ai più.
Per alcuni istanti le due ragazze provarono una strana sensazione di leggera - improvvisa - tranquillità, gettando gli sguardi contemporaneamente oltre i finestrini grigi, oltre la sera, oltre le case e la gente che le abita.
FINE
Tutti si alzarono nell’aula, in una sorta di strano arrembaggio a quella nave ricolma di tesori che era la porta di uscita.
Schiudersi di fogli, rapido ticchettio di tacchi e scarpe lucide, vociferare indistinto e sospiri. E. sembrava ancora assopita, quasi stordita dall’eco persistente delle parole e dei numeri aleggianti nell’aria rarefatta dal fumo e dai logaritmi.
L’angelo si svegliò insieme a lei. Abbandonò per un momento la sfera metafisica in cui stava riflettendo e si avvicinò ai pensieri di E., non poté fare a meno di ascoltare il desiderio di un suo compagno di classe, così -arrossendo leggermente nella sua invisibilità spirituale - si ritrasse velocemente, cercando di influenzare positivamente i pensieri di E.
Lei camminava lungo i corridoi vocianti di ragazzi alle prese con formule e libri pesanti come il senso del peccato, sorrideva spesso ma raramente parlava con qualcuno.
L’angelo si sorprese a riflettere che tutta quella cordialità esteriore sembrava una di quelle strane facciate di cartone poste ad arte di fronte agli edifici in restauro del centro storico. “Szenerie”, la parola si manifestò improvvisamente sulle labbra di E. senza nemmeno sapere da dove stesse arrivando, da quale oscura sfera dell’encefalo.
L’angelo si ripromise di non indurre altre parole nella sua mente, almeno non inconsapevolmente; E. comunque si compiacque per quella metafora inattesa, soprattutto perché giungeva al termine di due ore di formule inaccessibili come la Qabbalah !
L’angelo intanto stava sorridendo, accanto al collega, lì vicino.
Il tramonto aveva appena iniziato il suo spettacolo serale, sull’alto dei sette colli, ed avendo stretto un patto con Giove Pluvio poté usufruire del cielo più sereno degli ultimi mesi, esercitando tutto il suo fascino nel blu cristallino di un pomeriggio invernale.
Le luci artificiali delle insegne dei negozi in spolvero pre natalizio, quasi impallidirono di fronte al maestoso fandango del sole capitolino, come piccoli comprimari intimiditi al ballo di corte, a cui sono state invitate tutte le prime stelle, così come le scíe degli aerei transoceanici di passaggio sopra la città eterna.
E. era stretta tra tante altre persone intirizzite e nervose all’interno del bus che stava percorrendo la strada verso la stazione, il suo sguardo incrociò quello di tanti altri esseri umani, ed allora si chiese cosa tutti stessero pensando, se fossero tristi o felici dietro quegli sguardi impermeabili.
A volte avrebbe desiderato poter leggere i pensieri di quella folla appesa in equilibrio sulle aste del bus in corsa verso un treno. L’angelo invece faticava a stare dietro a quella enorme massa di pensieri e voci che si accavallavano nel suo io metafisico.
Non potè fare a meno di gioire ed intristirsi all’unisono con le voci di dentro, in una non richiesta empatia con tutte quelle anime, dentro al mezzo pubblico.
Colori, parole e sensazioni diverse continuarono a contrastarsi nella sua natura semi-divina per altri 15 minuti.
L’angelo pensò per un solo istante - ma il pensiero lo spaventò - a quale fatica dovesse sopportare l’essere supremo gravato da un’onniscienza quotidiana.
E. si fece largo tra braccia, volti e mani indaffarate, mentre il rosso vespertino aveva ormai invaso la città, e stormi d’uccelli gracchianti, quasi impazziti dalla contemplazione di tale bellezza, volavano instancabilmente in cerchio attorno alla città, quasi ad augurare un’eccentrica buona notte al mondo, prima di andare a dormire tra le fronde dei radi alberi della stazione.
Un popolo nomade, fatto di valige e zainetti Invicta correva anch’esso quasi isterico verso i binari grigi della stazione, ansiosi tutti di tornare, di muoversi di nuovo verso le proprie fronde.
L’angelo ed E. invece se la presero comoda, c’era ancora tempo, si attardarono entrambi di fronte alla libreria, scorgendo libri e persone che leggevano; l’angelo accusò un lieve mal di testa a causa di quel chiasso silenzioso.
Poi E. incontrò F. ed insieme iniziarono a parlare della giornata trascorsa, ormai completamente avvolte dalla sera che stava soppiantando Vespero, parlavano d’amore e di paesi da visitare, prima o poi .
I due angeli a loro volta si scambiarono i pensieri della giornata, non senza qualche sorriso metafisico, mentre i rispettivi protetti si avviavano stancamente al treno.
Un altro giorno stava morendo insieme a quel tramonto da Cinecittà, fiero dello spettacolo appena offerto ai cittadini ed ai turisti giapponesi, sicuro di essersi guadagnato il suo pane quotidiano anche questa volta.
Sirio già si affacciava alla ribalta, presago di una splendida notte nella galassia centrale.
Qualcuno già dormiva nel treno, altri leggevano o discutevano animatamente di politica e di sport; le due amiche stavano parlando degli amici, e dell’amore come sempre...
Gli angeli quasi si accovacciarono sui rispettivi figliocci, sussurrando loro una musica ipnotica, inudibile ai più.
Per alcuni istanti le due ragazze provarono una strana sensazione di leggera - improvvisa - tranquillità, gettando gli sguardi contemporaneamente oltre i finestrini grigi, oltre la sera, oltre le case e la gente che le abita.
FINE
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