L'eterno femmineo

ATTENZIONE ! ! POST LUNGHETTO ! !
(così siete avvisati, ma spero lo leggiate: forse ne vale la pena)

Dopo la ristorante pausa ridanciana (vedi post precedente), che tanto successo ha raccolto nell'etere, posso permetermi il lusso di "rispondere" con maggiore compiutezza all'alta composizione baol-digitiana che ha sapientemente affrontato un tema a me caro: l'essenza delle donne.

Lo faccio - però - da solo, senza compici e senza alibi, avventurandomi lungo un breve viottolo di campagna, discutendone con chi ne capisce di più (molto di più..), da bravo studente dell'anima femminile.



“ Dove state andando ragazzo ? “ la voce arriva inattesa. L’uomo si avvicina sorreggendosi sul bastone, ma appare vigoroso, quasi che il bastone sia solo un vezzo, da antico signore abbigliato all’ottocentesca, trasfigurazione di un quadro francese.
La voce è profonda, quasi ctonica.
Mi chiama ragazzo, lui sì che può farlo: forse è stato giovane un tempo anch’egli, ed è sopravvissuto.
“Allora, cosa cerchi da queste parti ? “ insiste con un tono da vecchio curioso, mentre mi fermo ad osservarlo tra i raggi del pallido sole che trafiggono i rami degli alberi ( già, gli alberi, alti ed indifferenti all’uomo ), ma si vede ben poco nella luce della sera incombente.

“Una donna, non è vero ? C’è sempre una donna all’inizio, ed alla fine:
Das Ewigweibliche zieht uns hinan

Quelle parole mi risvegliano come da un torpore millenario, come se non avessi mai vissuto prima di quei versi un’eco di lettere e libri, un richiamo dell’anima.
“Herr Goethe ? Cosa fate qui, o forse dovrei dire: cosa fate qui ora ? “

Il consigliere segreto sorride, o forse è solo una smorfia del viso accecato da un repentino raggio di sole. Weimar è lontana, il Meno non assomiglia affatto a questo rigagnolo di campagna, eppure il grande Pagano è qui, ora, e non altrove.

Ich habe Ihnen die Frage aber gestellt, mein junger Herr. Na und: wo gehen Sie jetzt hin ? “
“Da nessuna parte in particolare, passeggio per dimenticare, o forse per ricordare. Non lo so più a questo punto. Ma che ora é ? E che giorno è oggi ?”
“ Oggi è già domani, e ieri non è ancora dietro la collina. Il passato è già presente mentre corre verso il futuro. Cos’ è d’altronde il tempo ? E’ una cesura dell’infinito, una convenzione, come i colori, come questa stupida luce che sta cercando di vincere le tenebre della foresta. Io esisto qui, esistevo prima e ci sarò quando Voi ve ne sarete andato, tornando dalla Vostra bella...”
“ Tornare da Erato? Non credo proprio Herr Goethe.”

Le parole fuoriescono naturalmente, incuranti di quella palese incoerenza spazio-temporale, un modo come un altro di discorrere amabilmente con uno scrittore di quella caratura, morto e sepolto da oltre 150 anni ormai, ma tale è la situazione, che ora mi ritrovo a parlare di Erato con Johann Wolfgang von Goethe.

“Erato ? E’ dunque questo il nome ? Una Musa quindi, e -se mi consentite- perché l’avete chiamata così, suppongo infatti che questo è il nome che Voi le avete dato.. “
“ Una Musa, già, la mia Musa, una figura mitica, sicuramente metafisica. Ora non sono più sicuro che sia veramente esistita, forse è stato tutto un sogno, forse ho proiettato su di lei le mie fantasie ed i miei desideri. Lei mi ha lentamente avvinto a sé, ed ora il suo stesso nome mi ferisce, e vorrei poterla dimenticare, ma continuo a vederla ovunque, anche lungo le sponde di questo fiume..”

“Mignon fece lo stesso effetto, ma questo Voi lo sapete già... però vi dirò una cosa che forse non conoscete: nemmeno Mignon era il massimo: certo, era affascinante, piena di mistero, attraente sicuro, ma non certo pari ad Elena.
Eppure sapete come andò, e allora solo questo posso dirvi: nessuna donna è perfetta, non esiste la realizzazione di vostri sogni, in assoluto. Esistono donne che incarnano in gran parte queste caratteristiche, ma ciò che conta è quel certo quid che le rende uniche, insostituibili, perfette in un dato momento della Vostra vita.

Un’apparizione legata allo spazio ed al tempo, e che le trasforma immediatamente in ectoplasmi d’amore, dietro cui lasciar correre il cuore e la fantasia. Quella prima immagine, e non altre, Voi -caro signore- inseguirete nel tempo a venire: un suono, un profumo, l’eco di uno sguardo o di un gesto l'avranno legata al vostro cuore, e quel momento ritornerà in eterno, cristallizzato, non l’immagine reale, bensì l’archetipo.

Questa immagine però può frantumarsi in mille pezzi appena cozza contro la realtà della sua esistenza, indipendentemente dalla Vostra proiezione, quando capirete che lei non può assecondare le vostre fantasie, poiché vive di vita propria, libera da Voi, che ha una vita fuori delle vostre esigenze, beh, allora caro amico il quadro si romperà in terra, e voi vi troverete a raccoglierne i cocci..”

“Ma allora le affinità elettive ? E la chimica ? Nulla ha più durata ? “ risposi con una domanda.
“La chimica, mio caro signore, non prende in considerazione l’anima, essa lega due amanti come fossero due elementi simpatici, a volte da’ l’impressione che il legame possa durare in eterno, ma forse questo eterno vale solo per noi poveri sognatori di carta, noi bibliovori che non possiamo vivere al di fuori delle nostre aride citazioni d’effetto..”

A quelle parole il consigliere segreto Von Goethe si allontana verso i bosco, e lungo la strada viene affiancato da un altro personaggio (dunque la foresta è viva, dopo tutto ! ), i due sembrano discutere vivacemente, e l’altro signore si tende verso il poeta, quasi per ascoltare meglio le parole, e disapprovarle - da ciò che si può intuire...

Una carrozza passa lungo il fiume, Herr Goethe si allontana dal ciglio della strada con deferenza, ed accenna un inchino, lui che di inchini dovrebbe essere l’oggetto invece, ed infatti il suo compagno di strada sembra disapprovare sdegnosamente questo atteggiamento sin troppo ossequioso verso chissà quale principino di campagna, e da’ un’energica scrollata di spalle. Si muove in avanti lasciando il poeta quasi immobile: Karlsbader Begegnung.

Commenti

Anna Maria ha detto…
Non mi è sembrato per niente lungo, anzi, quando è arrivata la fine mi sono sorpresa, speravo di leggere ancora. E' bellissima questa iniziativa di parlare dell' amore e delle donne, sia da parte tua che di Baol e Digito. Il post è scritto bene bene, mi ricorda una selva oscura che la diritta via era smarrita.

L' amore eterno poi, è una questione annosa, chissà se esiste, se ha a che fare con la chimica o solo con la matematica.

(Era una battuta)

Ciau
digito ergo sum ha detto…
ecco, questo lo chiamo capolavoro. il lavoretto fatto da me, in confronto, è la faccia pallida di un bambino stupido. ma sono felice di averti letto. che, magari, qualcosa iNparo pure io. ti abbraccio
Baol ha detto…
Tanto di cappello amico mio e visto che disquisisci con un maestro ti rispondo con le parole di un altro maestro:

"UN CHIMICO

Solo la morte m'ha portato in collina
un corpo fra i tanti a dar fosforo all'aria
per bivacchi di fuochi che dicono fatui
che non lasciano cenere, non sciolgon la brina.
Solo la morte m'ha portato in collina.

Da chimico un giorno avevo il potere
di sposare gli elementi e di farli reagire,
ma gli uomini mai mi riuscì di capire
perché si combinassero attraverso l'amore.
Affidando ad un gioco la gioia e il dolore.

Guardate il sorriso guardate il colore
come giocan sul viso di chi cerca l'amore:
ma lo stesso sorriso lo stesso colore
dove sono sul viso di chi ha avuto l'amore.
Dove sono sul viso di chi ha avuto l'amore.

È strano andarsene senza soffrire,
senza un volto di donna da dover ricordare.
Ma è forse diverso il vostro morire
vuoi che uscite all'amore che cedete all'aprile.
Cosa c'è di diverso nel vostro morire.

Primavera non bussa lei entra sicura
come il fumo lei penetra in ogni fessura
ha le labbra di carne i capelli di grano
che paura, che voglia che ti prenda per mano.
Che paura, che voglia che ti porti lontano.

Ma guardate l'idrogeno tacere nel mare
guardate l'ossigeno al suo fianco dormire:
soltanto una legge che io riesco a capire
ha potuto sposarli senza farli scoppiare.
Soltanto la legge che io riesco a capire.

Fui chimico e, no, non mi volli sposare.
Non sapevo con chi e chi avrei generato:
Son morto in un esperimento sbagliato
proprio come gli idioti che muoion d'amore.
E qualcuno dirà che c'è un modo migliore."

Fabrizio De Andrè (che riprendeva una poesia di Edgar Lee Masters)
fabio r. ha detto…
@inenarrabile: si fa quel che si può baby, d'altronde noi xy siamo un po' fissati...
@digito: l'onore è solo mio. mi creda Signore: solo mio!
@Baol: grazie mago! Le parole del faber sono sempre la miglior cura!

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