Narni ed il Ghirlandaio

Approfitto di una piccola, ma - per me almeno - importante modifica approntata al blog (ho aggiunto una galleria fotografica della mia città in formato "diapositive" da Picasa ) per riparlare un po' della mia cara Narni.
Lo faccio un po' fuori dagli schemi, con lo spirito del montaggio Benjaminiano che -d'altronde - pervade un po' tutto il mio blog, e quindi prendo a prestito le parole che un mio caro amico e concittadino (Francesco Bussetti) ha scritto ormai più di un anno fa' in occasione dell'inaugurazione del nuovo museo cittadino a Palazzo Eroli.


L'occasione fu più precisamente quella dello spostamento di una straordinaria Pala d'Altare, opera del Ghirlandaio, che dopo aver impreziosito per oltre un secolo la sala consiliare del Comune di Narni, ha trovato una nuova collocazione proprio nel piano nobile del neonato museo (che vi invito caldamente a visitare, non appena verrete a trovarmi!), in una cornice suggestiva e molto vicina allo spirito originale dell'epoca della sua esecuzione.


L'articolo è interessante in quanto ne ripercorre un po' la storia e le traversie nei secoli, ed è al contempo uno spaccato della "vitalità culturale" della mia cara città silente (come la descrisse D'Annunzio) anche dopo il voltare del millennio:


Oggi, dopo 136 anni, con una manovra per certi versi rocambolesca, la grande pala d’altare “Incoronazione della Vergine” del Ghirlandaio, esce dal Palazzo Comunale di Narni ed entra a Palazzo Eroli, nuovo museo cittadino. Un destino ambiguo è toccato a questa pala d’altare uscita dalla bottega fiorentina di Domenico Bigordi per essere allocata a Narni, intorno al 1486, fuori porta, in mezzo alla navata della chiesa conventuale di quei frati che portavano gli zoccoli (i zoccolanti).

Nasce già vecchia come modello di pittura e appartiene al gusto arcaico del committente (il cardinale Berardo Eroli). Ma, si sa, anche gli artisti tengono famiglia (e bottega) e allora si attacca il cavallo dove vuole il padrone. Eppure sarà proprio quel modello arcaico ad avere inaspettata fortuna. Molti committenti chiederanno ad artisti “in voga” di fare per le loro chiese una pala “alla maniera” di quella fatta dal Bigordi per Narni.
Poi lungamente l’opera cade nel disinteresse. A Narni i viaggiatori vengono per vedere il colossale ponte romano, raramente cercano altro, solo pochi, hanno sentito parlare di questa rappresentazione.

E’ un po’ grama la sorte: la bella tavola narnese smarrisce addirittura la memoria dell’autore. Per gran tempo se ne parla riconducendola allo Spagna, a Filippo Lippi, al Pinturicchio, ad altri.
I frati la spostano dal punto in cui doveva stare arretrandola sulla parete finale della chiesa, così però finisce l’effetto voluto dall’autore e decade la specificità. Sulla “palla” d’oro doveva infatti battere il sole attraverso il rosone della facciata provocando una esplosione di luce, una emozione per il mistero divino, una impressione dirompente, didascalica e di immediata percezione.

Quest’opera è in effetti una macchina di luce fatta per interagire con “la” luce del sole. Per questo deve anche servire, secondo Domenico, tutto quell’oro che il committente ha preteso (e pagato) in omaggio ad uno stile pittorico che era stato molto in voga. E la bottega, ben munita di ogni specialista, non aveva alcun problema nello stendere foglie d’oro su una tavola.

Poi quando sembra che nulla si modifichi mai, il mondo cambia.
Da queste parti finisce il tempo del “Papa re” ed arriva il Re d’Italia. I beni artistici delle corporazioni religiose vengono requisiti e vanno a formare tante raccolte civiche.
A Narni però non c'è un luogo che possa accogliere tante opere ed il Comune decide di ospitare tutto a palazzo, anche la grande pala. C’è chi pensa di dar lustro alla città ma a quel punto lo strappo è fatto: non c’è più il contesto, non ci sono più le condizioni di luce, è finita la funzione devozionale. Per la “Coronazione” comincia una nuova fase di vita: gloria o declino?

Il trasferimento avviene il 13 luglio 1871, un giovedì, un caldo bestiale. L’opera sottratta “ai preti” si guadagna pian piano una nuova funzione: diventa un segno di identità e visibilità cittadina, una icona narnese. Ora si ricompone una relazione di più alto profilo tra la pala e la città: l’opera entra al museo, in un museo pensato proprio intorno ad essa.
Dal cardinale Eroli a Palazzo Eroli e nuovamente di giovedì! Una intrigante persecuzione di allusioni e ritorni. Che destino, anzi che storia!

(Francesco Bussetti)

Commenti

MARGY ha detto…
non voglio dissacrare questo bel post..ma
faccio un commento OT...(e anche un pò spam)

MI VOTI???

nel blog di BAOL c'è un concorso "basta un nonnulla"...vota la foto più carina !! ..MI VOTI???????
FAI UNA CLASSIFICA DAL PRIMO AL TERZO POSTO...
al 1) metti il numero 21...
ihihih sono io!!
:D

GRAZIE ...un bacione! :*
MARGY ha detto…
grazieeeeee Fabiooooo!!
un immenso MIAO da parte mia e di Miele! ;)

ps: ti ho visto questo link "blog gattaro"...mi iscrivo anche io! ;)

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