Di gatti, di topi e cattive sorelle....
Da fervente "gattofilo" non potevo farmi scappare la notizia di una nuova tesi riguardo il cosiddetto "gatto con gli stivali" raffigurato nello splendido mosaico della cattedrale di Otranto.
Secondo questa tesi infatti la leggenda che fu rielaborata da Perrault ( poi da Tieck e dai fratelli Grimm in Germania) è molto più antica, ed è giunta - attraverso le usuali vie commerciali e dei pellegrini - in Nord Europa, dove trova nuova linfa e viene - per così dire - riadattata allo stile fiabesco.
La vicenda mi ha ricordato quella di altre fiabe, lette soprattutto nelle trascrizioni dei Fratelli Grimm e raccolte nei volumi "Kinder- und Hausmärchen" ed analizzate alla luce delle leggende precedenti, della Storia (con la S maiuscola) e/o sotto la lente della scuola "psicanalitica" di Bettelheim.
Forse non tutti gli amanti delle favole hanno letto le versioni originali dei fratelli Grimm (anche in traduzione italiana), ma sicuramente molti ne conoscono le versioni "idealizzate" di Walt Disney, e quindi sono legati ad un'immagine - per così dire - edulcorata, buonista, con colori tenui e musiche dolciastre delle varie "Biancaneve", "Rosaspina" o "Cenerentola", per non parlare dei "Musicanti di Brema" o del "Pifferaio di Hameln".
Quando - all'interno della storia del Romanticismo tedesco - mi viene voglia di affrontarle con gli studenti in classe, la loro reazione, di fronte alla lettura originale ed al contesto che le ha generate, beh, è a dir poco scioccata.
Alla base dell'etica "didattica" delle narrazioni favolistiche dei fratelli Grimm vi è infatti una finalità necessariamente formativa: le fiabe sono metafore da interpretare, chiavi da utilizzare nella vita comune, sono un vero e proprio "memento mori" indirizzato ai bambini, spesso al fine di educarli a sopravvivere, in una società che è ancora legata al bosco, al buio fuori delle mura cittadine, dove il pericolo si annida ovunque.
Ecco allora che la crudeltà delle punizioni nelle fiabe deve essere esemplare, in modo che il bambino (che immaginiamo atterrito al termine della narrazione, ben poco incline a lasciarsi andare ai sogni d'oro..) sia messo in guardia di fronte ai pericoli ed alla crudeltà degli adulti.
In molti casi le fiabe sono esse stesse proiezioni "metaforiche" di tristi storie reali, ecco quindi che la bella favola di Biancaneve cela un mondo orribile che deve essere esorcizzato: lo sfruttamento dei bambini all'interno delle miniere, in quello che oggi è il bacino della Ruhr (nelle fiabe Siebengebirge, zona di sette monti, a confine tra Francia e Germania, un luogo ricorrente..), viene simbolizzato nei nani (stranamente troppo simil a bambini).
Ecco allora che l'uso precristiano di "risarcire" la natura dopo la violenza perpetrata nei confronti della montagna (scavata all'interno, per estrarne carbone o pietre preziose) sacrificando una vergine vestita di bianco, sepolta letteralmente viva nella montagna stessa, trova un'eco nella figura di Biancaneve.
Per non parlare del crimine più grande che si possa compiere: la morte ingiustificabile di bambini, venduti come schiavi nel Medioevo a mediatori che poi li portano a lavorare (e morire) proprio in quelle miniere, e che una intera città Hameln, tenta di esorcizzare nei secoli, creando l'illusione di un pifferaio magico che rapisce i bimbi dopo un mancato pagamento per la "derattizzazione" della città, ed il fatto che questa sia l'unica favola che contenga un riferimento cronologico preciso (l'anno 1284, e non vagamente c'era una volta..) ci da' molte più informazioni sul fatto storico.
La crudeltà e gli esempi negativi da non seguire sono innumerevoli: si pensi alla favola per antonomasia. Cenerentola.
In primo luogo la ragazza non ha nome. Figlia di primo letto viene chiamata semplicemente "la bambina sporca di cenere" da tutti. E' interessante che alla domanda da parte del principe se in casa non ci fosse un'altra ragazza (dopo il flop della scarpa con le sorellastre) il padre dica "...wir haben nur ein Aschenputtel" cioè " abbiamo solo una ragazza della cenere", con l'articolo indeterminativo, quasi fosse un oggetto!
Ma la crudeltà in questa favola si palesa al meglio nella penna dei Grimm, quando deve colpire la coppia di sorellastre: Walt Disney ci risparmia infatti la vista del sangue, mentre nella versione originale, le due donne - spinte dalla madre - si tagliano l'alluce ed il tallone per poter calzare la scarpa (di raso e non di vetro!) che però si inonda di sangue!
La beffa finale della favola è l'arrivo in chiesa del corteo nuziale:
" Quando stavano per essere celebrate le nozze, arrivarono le sorellastre, che volevano ingraziarsi Cenerentola e partecipare alla sua fortuna. Quando la coppia entrò in chiesa, la maggiore si trovò alla destra di Cenerentola, la minore alla sua sinistra. Allora le colombe cavarono loro un occhio a testa. Poi, all'uscita, la maggiore era a sinistra e la più piccola a destra e le colombe cavarono l'occhio che era rimasto. Così rimasero per tutta la vita cieche, come punizione per la loro cattiveria"
Alla faccia del "...e vissero tutti felici e contenti!!!"
Secondo questa tesi infatti la leggenda che fu rielaborata da Perrault ( poi da Tieck e dai fratelli Grimm in Germania) è molto più antica, ed è giunta - attraverso le usuali vie commerciali e dei pellegrini - in Nord Europa, dove trova nuova linfa e viene - per così dire - riadattata allo stile fiabesco.
La vicenda mi ha ricordato quella di altre fiabe, lette soprattutto nelle trascrizioni dei Fratelli Grimm e raccolte nei volumi "Kinder- und Hausmärchen" ed analizzate alla luce delle leggende precedenti, della Storia (con la S maiuscola) e/o sotto la lente della scuola "psicanalitica" di Bettelheim.
Forse non tutti gli amanti delle favole hanno letto le versioni originali dei fratelli Grimm (anche in traduzione italiana), ma sicuramente molti ne conoscono le versioni "idealizzate" di Walt Disney, e quindi sono legati ad un'immagine - per così dire - edulcorata, buonista, con colori tenui e musiche dolciastre delle varie "Biancaneve", "Rosaspina" o "Cenerentola", per non parlare dei "Musicanti di Brema" o del "Pifferaio di Hameln".
Quando - all'interno della storia del Romanticismo tedesco - mi viene voglia di affrontarle con gli studenti in classe, la loro reazione, di fronte alla lettura originale ed al contesto che le ha generate, beh, è a dir poco scioccata.
Alla base dell'etica "didattica" delle narrazioni favolistiche dei fratelli Grimm vi è infatti una finalità necessariamente formativa: le fiabe sono metafore da interpretare, chiavi da utilizzare nella vita comune, sono un vero e proprio "memento mori" indirizzato ai bambini, spesso al fine di educarli a sopravvivere, in una società che è ancora legata al bosco, al buio fuori delle mura cittadine, dove il pericolo si annida ovunque.
Ecco allora che la crudeltà delle punizioni nelle fiabe deve essere esemplare, in modo che il bambino (che immaginiamo atterrito al termine della narrazione, ben poco incline a lasciarsi andare ai sogni d'oro..) sia messo in guardia di fronte ai pericoli ed alla crudeltà degli adulti.
In molti casi le fiabe sono esse stesse proiezioni "metaforiche" di tristi storie reali, ecco quindi che la bella favola di Biancaneve cela un mondo orribile che deve essere esorcizzato: lo sfruttamento dei bambini all'interno delle miniere, in quello che oggi è il bacino della Ruhr (nelle fiabe Siebengebirge, zona di sette monti, a confine tra Francia e Germania, un luogo ricorrente..), viene simbolizzato nei nani (stranamente troppo simil a bambini).
Ecco allora che l'uso precristiano di "risarcire" la natura dopo la violenza perpetrata nei confronti della montagna (scavata all'interno, per estrarne carbone o pietre preziose) sacrificando una vergine vestita di bianco, sepolta letteralmente viva nella montagna stessa, trova un'eco nella figura di Biancaneve.
Per non parlare del crimine più grande che si possa compiere: la morte ingiustificabile di bambini, venduti come schiavi nel Medioevo a mediatori che poi li portano a lavorare (e morire) proprio in quelle miniere, e che una intera città Hameln, tenta di esorcizzare nei secoli, creando l'illusione di un pifferaio magico che rapisce i bimbi dopo un mancato pagamento per la "derattizzazione" della città, ed il fatto che questa sia l'unica favola che contenga un riferimento cronologico preciso (l'anno 1284, e non vagamente c'era una volta..) ci da' molte più informazioni sul fatto storico.
La crudeltà e gli esempi negativi da non seguire sono innumerevoli: si pensi alla favola per antonomasia. Cenerentola.
In primo luogo la ragazza non ha nome. Figlia di primo letto viene chiamata semplicemente "la bambina sporca di cenere" da tutti. E' interessante che alla domanda da parte del principe se in casa non ci fosse un'altra ragazza (dopo il flop della scarpa con le sorellastre) il padre dica "...wir haben nur ein Aschenputtel" cioè " abbiamo solo una ragazza della cenere", con l'articolo indeterminativo, quasi fosse un oggetto!
Ma la crudeltà in questa favola si palesa al meglio nella penna dei Grimm, quando deve colpire la coppia di sorellastre: Walt Disney ci risparmia infatti la vista del sangue, mentre nella versione originale, le due donne - spinte dalla madre - si tagliano l'alluce ed il tallone per poter calzare la scarpa (di raso e non di vetro!) che però si inonda di sangue!
La beffa finale della favola è l'arrivo in chiesa del corteo nuziale:
" Quando stavano per essere celebrate le nozze, arrivarono le sorellastre, che volevano ingraziarsi Cenerentola e partecipare alla sua fortuna. Quando la coppia entrò in chiesa, la maggiore si trovò alla destra di Cenerentola, la minore alla sua sinistra. Allora le colombe cavarono loro un occhio a testa. Poi, all'uscita, la maggiore era a sinistra e la più piccola a destra e le colombe cavarono l'occhio che era rimasto. Così rimasero per tutta la vita cieche, come punizione per la loro cattiveria"
Alla faccia del "...e vissero tutti felici e contenti!!!"
Commenti
Quando le ha comprate passava il tempo a leggere le fiabe del raccapriccio ;) durante il tragitto da un supermercato all' altro, da casa alla facoltà, dalla facoltà al centro e via discorrendo, e le storie cambiano versione da autore ad autore, divengono più o meno sanguinose :)
Ora mi passo il fine settimana con in mente il tuo post!
Porca miseria!!!
tutto bene?
riparto augurandoti un 2009 sereno e felice e migliore del 2008!
Mi ha fatto tornare in mente certi cartoni animati giapponesi che negli anni '80 passavano un po' in sordina sulle tv locali...
Storie tutt'altro che edulcorate, con protagonisti che vivevano eventi tragici, che spesso avevano a che fare con la morte.
Storie che oggi i vari comitati, MOIGE et similia, riterrebbero inadatte a un pubblico di bambini.
Eppure amavo guardare quei cartoni...
Ce n'era una che leggevo e rileggevo, perché la trovavo estremamente inquietante, non mi piaceva troppo e mi spaventava (masochista?) ed era quella dei "Sette Fratelli Cigni", credo di Andersen. La faccenda che la principessa, sorella dei "cigni", dovesse tessere 7 camicie con l'ortica per rompere il sortilegio della strega cattiva e far tornare i fratelli alla condizione umana, mi spaventava e affascinava al tempo stesso...
Dopo aver letto il tuo splendido post, mi domando cosa potesse esserci dietro...
L'abbandono stsso dei bimbi da parte dei genitori per problemi economici era la regola, non l'eccezione.
In questo caso basti pensare a Hänsel e Gretel o Pollicino, o Frau Hölle, tutte fiabe in cui i bambini lottano per tornare a casa dopo che i genitori li hanno abbandonati!
Un ottimo esempio della crudeltà di tali storie, poi tramandate e trasformate in storie " a fumetti" è dato - ad esmpio - dal famoso "Pierino Porcospino" (forse Suysan se lo ricorda, in quanto tradotto ed incluso nel corriere dei piccoli anni '70) in originale Struwelpedder, c reato da un medico di Francoforte per mettere in guardia i bimbi circa la corretta alimentazione e oulizia del corpo, che - se non rispettate - avrebbero condotto alla morte!!!
qui un link interessante se siete curiosi:
http://www.geocities.com/Athens/olympus/3656/pierino/pierino00.htm
Ciao e grazie!