Fenomenologia di Silvio B. (seconda parte)
Dopo qualche riflessione, rinfrancato comunque dall'iper-esposizione mediatica del nostro caro leader in questi giorni tragici, ho deciso di concludere il divertissment che avevo iniziato qualche giorno fa' (ecco la prima parte, per chi volesse leggerla), continuando a giocare con il testo di Eco, sulle ambivalenze, le analogie e le differenze tra il nostro Silvio e lo storico gaffeur Mike Bongiorno.
Seconda parte:
Silvio B ha un suo speciale senso dell'umorismo, di cui va molto fiero. Ride perché è contento della sua realtà, perché crede di poter deformare la realtà. Gli sfugge però la natura del suo paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l'interlocutore sia anormale; rifiuta di credere che dietro il paradosso si nasconda una verità, comunque non lo considera come veicolo autorizzato di opinione.
Ama la polemica. Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile, ma ricevuta la spiegazione, non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo dissenso di benpensante. A stento però rispetta l'opinione dell'altro, sia per proposito ideologico che per disinteresse.
Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori/elettori scarterebbe subito perché troppo banale: "Cosa vuol rappresentare quel quadro?" "Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?" "Com'è che viene in mente di occuparsi di filosofia?".
Porta i cliché alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con la minigonna e la coda di cavallo è "zoccola" (cfr. caso Meloni) e sotto sotto lui parteggia per questa ragazza.
In un vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare perifrasi: la perifrasi è già una acutezza, e le acutezze appartengono a un ciclo Vichiano a cui Silvio B è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l'artificio retorico è una sofisticazione.
In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provocazione; la gaffe (in cui Silvio B eccelle, a detta dei critici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza.
Quanto più è mediocre, l'uomo mediocre è maldestro.
Silvio B lo conforta portando la gaffe a dignità di figura retorica, nell'ambito di una etichetta omologata dall'ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.
Silvio B gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince gli elettori; indi trasvola ad altre cure confortato sull'esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.
Silvio B. convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli.
In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.
Seconda parte:
Silvio B ha un suo speciale senso dell'umorismo, di cui va molto fiero. Ride perché è contento della sua realtà, perché crede di poter deformare la realtà. Gli sfugge però la natura del suo paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l'interlocutore sia anormale; rifiuta di credere che dietro il paradosso si nasconda una verità, comunque non lo considera come veicolo autorizzato di opinione.
Ama la polemica. Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile, ma ricevuta la spiegazione, non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo dissenso di benpensante. A stento però rispetta l'opinione dell'altro, sia per proposito ideologico che per disinteresse.
Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori/elettori scarterebbe subito perché troppo banale: "Cosa vuol rappresentare quel quadro?" "Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?" "Com'è che viene in mente di occuparsi di filosofia?".
Porta i cliché alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con la minigonna e la coda di cavallo è "zoccola" (cfr. caso Meloni) e sotto sotto lui parteggia per questa ragazza.
In un vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare perifrasi: la perifrasi è già una acutezza, e le acutezze appartengono a un ciclo Vichiano a cui Silvio B è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l'artificio retorico è una sofisticazione.
In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provocazione; la gaffe (in cui Silvio B eccelle, a detta dei critici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza.
Quanto più è mediocre, l'uomo mediocre è maldestro.
Silvio B lo conforta portando la gaffe a dignità di figura retorica, nell'ambito di una etichetta omologata dall'ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.
Silvio B gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince gli elettori; indi trasvola ad altre cure confortato sull'esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.
Silvio B. convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli.
In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.
Commenti
Quelle "gaffes" hanno un grande potere. Sono state preparate da anni di televisione: non sono un fenomeno solo italiano, ma non tutti hanno saputo metodicamente approfittare come Berlusconi dello spazio mentale di tipo schizofrenico aperto dalle interruzioni pubblicitarie durante qualsiasi avvenimento, reale o di fiction che sia.
Ricordo quando si decise sull'interruzione pubblicitaria durante la trasmissione di film. Quella scelta, democraticamente e inconsapevolmente, aprì la porta al dominio del signore delle televisioni, che è diventato signore di tutti noi - situazione in sé assai rischiosa.
La sottile, pervasiva induzione ipnotica delle trasmissioni di "evasione", la sospensione sull'assurdo delle pause pubblicitarie, hanno prodotto lo spazio adatto a ricevere quelle "gaffes" con un sorriso di simpatica idiozia. Le nostre menti, le nostre intelligenze, le nostre sensibilità, sono state offese senza che ci accorgessimo di quanto quella offesa fosse pericolosa, di quanto preparasse una forma di dittatura.
;-)
Un saluto Sisifo
un saluto
Sally
Hai usato tocchi, pennellate e indubbiamente la tua vasta cultura per farci avere un quadro di un uomo rozzo, ma che sta uccidendo la democrazia, avviandoci sempre di più alla dittatura.
Lara