Tra le fate e gli elfi: il Donegal e W.B. Yates
Oggi ho approfittato della giornata festiva per dedicare un po' di tempo a ripulire le mie librerie dalla polvere, togliere qualche libro e riposizionarne altri.
I miei sovrintendenti felini al cantiere mi sono stati - chiaramente - di grande aiuto nell'operazione.. pagine e copertine accuratamente posizionate per lingua - autore - genere (e già, sono leggermente maniacale...) prima di essere riposte negli scaffali venivano allegramente confuse dai quadrupedi in festa. Della serie: "Gatti alla Buchmesse".
Improvvisamente salta fuori un libro che avevo reputato perduto già anni fa' e che invece - con mia somma gioia - ho ritrovato: una versione inglese delle leggende e favole irlandesi raccolte da William Butler Yates.
Una classica epifania: il ricordo torna indietro ad un bel viaggio in Irlanda, ad una giornata piovigginosa (drizzle) a Sligo, in un semi-pellegrinaggio nel far west irlandese, tra le contee del Donegal, Mayo e Sligo, appunto.
Ricordo ancora la libreria dove acquistai il libro in una specie di trance letterario, circondato da bellissimi libri sulle tradizioni e le favole del'isola. Un tributo, allora, alla mia passione per la terra di smeraldo, in tutte le sue forme.
Dopo la ri-scoperta del volume ho ricercato le pagine del diario di viaggio che scrissi allora, ed avidamente mi sono gettato sulle parole che -in quel viaggio- spesi per Sligo.
Eccone una breve sintesi:
"SLIGO: Continuiamo il nostro viaggio lungo la costa occidentale e procediamo verso sud, alla ricerca di Sligo, percorrendo le strade di Yates, la mappa qui viene sostituita dalla memoria letteraria che si richiama alle sue poesie, ai nomi magici dei luoghi cantati dall’ultimo skop irlandese: cigni e suonatori di violino ci guidano alla ricerca di gnomi e fate di questa regione.
La strada che porta a Sligo è costellata da strani cartelli stradali di color marrone che recano l’immagine di una penna nell’atto di scrivere: sono i segnali che ci vogliono indicare i luoghi sacri della letteratura del figlio prediletto di Sligo, William Butler Yates ha narrato le leggende di questi luoghi fatati, che -quasi sospirando all’orecchio teso ad ascoltare il vento- ci raccontano di gnomi e banshees, di folletti buoni e gatti fatati.
La strada che porta a Sligo è costellata da strani cartelli stradali di color marrone che recano l’immagine di una penna nell’atto di scrivere: sono i segnali che ci vogliono indicare i luoghi sacri della letteratura del figlio prediletto di Sligo, William Butler Yates ha narrato le leggende di questi luoghi fatati, che -quasi sospirando all’orecchio teso ad ascoltare il vento- ci raccontano di gnomi e banshees, di folletti buoni e gatti fatati.
Il primo incontro con la magia di queste terre è una magica cascata che ci attende lungo il percorso verso la città, l’acqua sembra quasi andare all’incontrario, sfidando le leggi della fisica, reclamando il proprio diritto a vivere di espedienti magici, sembra quasi sorridere beffardamente nei confronti del turista incredulo, risalendo verso l’alto, verso il mondo degli Dei a cui appartiene.
Sligo è pregna di cultura gaelica, le chiese senza tetto, gli edifici pubblici (...); la pioggia purtroppo assilla i nostri passi all’interno delle mura civiche, spingendoci all’interno dell’ennesimo pub, ad ascoltare musica, bere Guinness e lasciare asciugare per un po’ i nostri soprabiti fradici di pioggia irlandese, al pari delle povere scarpe.
All’ombra della scura leggo avidamente alcune delle fiabe che sono comprese nel libro di Yates che ho da poco acquistato al centro.
Sligo è pregna di cultura gaelica, le chiese senza tetto, gli edifici pubblici (...); la pioggia purtroppo assilla i nostri passi all’interno delle mura civiche, spingendoci all’interno dell’ennesimo pub, ad ascoltare musica, bere Guinness e lasciare asciugare per un po’ i nostri soprabiti fradici di pioggia irlandese, al pari delle povere scarpe.
All’ombra della scura leggo avidamente alcune delle fiabe che sono comprese nel libro di Yates che ho da poco acquistato al centro.
L’immagine dell’ennesimo scheletro marmoreo dell’antico convento di Sligo che ancora si erge indomito in città, incurante della pioggia e degli anni, sembra saltare fuori dalle pagine piene zeppe di fantasmi e streghe celtiche, quasi a testimoniare la veridicità delle parole del poeta.
L’accento irlandese da queste parti suona quasi musicale, una nenia ancestrale che sotto le parole reali cela ancora le formule magiche dei Druidi celtici..."
L’accento irlandese da queste parti suona quasi musicale, una nenia ancestrale che sotto le parole reali cela ancora le formule magiche dei Druidi celtici..."
E' stato bello ritrovare le parole ed i pensieri del giovane che sono stato, un incontro con un altro Io, all'ombra di una cultura e di una musica che - da sempre - mi accompagnano, e spesso mi consolano.
William Butler Yates fu poeta ed "antropologo culturale" (come si direbbe oggi), cantore della sua terra, e della Celtic Renaissance nel 19° secolo.
Nel crepuscolo
Oh cuore logoro in un’età logorata,
Sciogliti dalle reti della ragione e del torto;
Ridi mio cuore ancora nel crepuscolo
Grigio, sospira ancora, mio cuore,
Nella rugiada del mattino. Tua madre Eire è sempre giovane,
rugiada che risplende
E crepuscolo grigio; sebbene la speranza
Da te si fugga e l’amore decada, bruciando
Nei fuochi di una lingua maldicente.
Vieni, mio cuore, dove i colli s’ammucchiano sui colli:
Perché la fratellanza mistica del sole e della luna,
Della valle e del bosco, del fiume e del ruscello
Laggiù regna sovrana; e Dio suona il suo corno solitario,
E il tempo e il mondo sono sempre in fuga; e l’amore
È meno dolce del crepuscolo grigio, e la speranza
È meno cara della rugiada del mattino.
Commenti
PS: eccezionale la poesia del post sottostante.....i.
Devo assolutamente andare in Irlanda...
Posso linkarti fra i blog amici?
Fammi sapere!
Ciao.
ora mi hai ri-acceso il pallino per l'IRLANDA!...
@Museum: L'irlanda è uno "state of mind" davvero, è qualcosa che ti fa felicemente schiavo, vale la pena!
@MargY: magara!! se potessi ti porterei a vedere il limite occidentale dell'Europa, lì dove inizia il mare, e sai che oltre quel punto non c'è più nulla...una sensazione unica, believe me!
@Gianluca: che dire? Una trinità mistica per me! pensa che le prime volte a Dublino mi muovevo in città con in mano l'Ulysses!
Per me sei troppo acculturato!!!
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Bacioni